Con gli occhi del cuore. Opere di E. Čerkasova

Nell’arte contemporanea, così distante dallo spettatore, spesso ermetica e a volte aggressiva, Čerkasova ha trovato una sua modalità espressiva per comunicare «ciò che ama», la storia di Dio con l’uomo e lo stupore per questo miracolo. Un’arte ottimista.
Non per nulla la Bibbia viene chiamata Libro dei libri: essa abbraccia un arco di tempo di millenni e la storia di molti popoli, è un intero universo, in cui ognuno e ogni cosa ha il suo posto. La si può leggere e interpretare a vari livelli: c’è chi vi ravvisa il dramma della storia umana, chi la rivelazione divina, chi vi ricerca la profondità della teologia, chi si basa su di essa per scoprire la legge morale. Per Elena Čerkasova la Bibbia è la storia dell’amore tra Dio e l’uomo, che si esprime nella bellezza del Cantico dei cantici e nella poesia dei salmi, nella saggezza dell’Ecclesiaste e nell’ispirazione dei Profeti, nell’afflato epico del libro della Genesi e nell’inesauribile misericordia del Vangelo: in ogni pagina di questo libro l’artista trova un messaggio d’amore. Ed è proprio questo che cerca di esprimere nelle sue opere, nelle tele come nella grafica.

Tra gli artisti contemporanei non mancano gli illustratori della Bibbia. Ma la Čerkasova ha trovato una propria angolatura, un proprio linguaggio e accento nel rendere i soggetti biblici. Le sue non sono illustrazioni della Bibbia, ma piuttosto una trasposizione della Sacra Scrittura in un linguaggio di immagini artistiche assolutamente originali. I suoi quadri propongono un’esperienza della Bibbia, un’immedesimazione nei singoli episodi, un flusso di vita in cui, come nella corrente di un fiume, l’artista si addentra portando con sé lo spettatore. È riuscita a trovare una chiave aurea per entrare nel Libro dei libri – una chiave che si chiama amore.
«Io dipingo i quadri per vedere più da vicino ciò che amo. Ad esempio, il re Davide ho imparato a conoscerlo leggendo il Salterio, poi in seguito ho letto i libri di Samuele, e quindi ho dipinto la Giovinezza di Davide, il Salmo 50… Questi quadri hanno fatto di me una pittrice, e attraverso di essi ho potuto parlare al re del mio amore. Anche gli altri quadri sono nati così». In questo modo Elena Čerkasova spiega la propria arte.

Nel contesto dell’arte contemporanea, così eterogenea, altisonante, azzardata e talvolta addirittura aggressiva, la Čerkasova si distingue per una sua maniera particolare, sommessa, immediatamente riconoscibile. Nei suoi quadri si uniscono silenzio e fervore di vita, chiarezza e lucidità di pensiero e la percezione del mistero dell’essere, vivida immaginazione e ottimismo, sapienza e infantile stupore davanti al miracolo. Oggi gli artisti sono più frequentemente attirati dai lati tenebrosi della vita, raffigurano più volentieri i peccati umani, i vizi della società, le piaghe del mondo, i recessi del subcoscio, e se li interessa la dimensione dello spirito, si tratta prevalentemente di quella infernale. In breve, l’uomo di oggi comprende meglio l’inferno del paradiso, e per questo alle mostre d’arte contemporanea è raro che lo spettatore sperimenti gioia. Elena Čerkasova dona invece allo spettatore questa gioia, e la dona a piene mani, condividendo con tutti ciò che la colma. E a colmarla sono la fede e l’amore a Dio, l’esultanza e la gratitudine per il dono della vita. «La bocca parla della pienezza del cuore», queste parole della Scrittura possono a buon diritto riferirsi alla sua arte.

La Giovinezza di Davide.

La storia della parabola artistica di Elena Čerkasova è semplice e al tempo stesso complessa, simile a una parabola. È nata nel 1959 a Mosca. Si è diplomata all’Istituto d’arte, poi ha cominciato a dipingere quadri, ritratti, frequentando gli ambienti bohémien di molti artisti della sua generazione. A 21 anni ha incontrato la fede ed è approdata alla Chiesa. E contemporaneamente alla conversione al cristianesimo, ha abbandonato la pittura. Quando una persona incontra Dio, il Creatore del cielo e della terra, il Dio che opera quotidianamente miracoli, la propria creatività le sembra insignificante, inutile e perfino cattiva. La ricerca di una propria espressività e gloria non ha alcun senso per il cristiano. Così è stato anche per Elena Čerkasova: ha buttato via tele e pennelli, ha venduto tutto – come nella parabola evangelica – per acquistare la perla preziosa del Regno di Dio.

Ma Dio le ha restituito il talento, e dopo quindici anni di silenzio dentro di lei è sgorgata una nuova sorgente di creatività, ora ispirata dalla fede. È molto significativo che il primo quadro, nato dopo una lunga interruzione, sia la «Giovinezza di Davide», dipinta nel 1996. Come Davide, anche Elena ha trovato un nuovo linguaggio in cui rendere gloria a Dio, Creatore e Salvatore. I suoi quadri sono salmi, inni, cantici, insomma un’innografia nel colore. La pittrice riconosce che il suo nuovo linguaggio non ha niente a che vedere con quello di prima. Ma da dove ha attinto il nuovo stile? Certo, vi sono dei precedenti, che si intuiscono facilmente: i ritratti di El Fayyum, gli antichi affreschi della Cappadocia e della Georgia, Pirosmani, Chagall, il folklore russo e così via. Questa «genealogia artistica» potrebbe continuare a lungo, come il succedersi delle generazioni bibliche, ma tutto ciò non è che una riprova del suo radicamento nella cultura, che non solo non esclude la sua originalità, ma al contrario la determina organicamente, come un terreno ben concimato rinvigorisce un albero forte e sano permettendogli di fruttificare abbondantemente.

La maggior parte dei soggetti dei suoi quadri – tele e grafica – è tratta dalla Bibbia. Ha realizzato un intero ciclo di grafica che illustra dettagliatamente il Vangelo di Marco. Ma le opere dell’artista non si limitano affatto all’illustrazione di un testo. Evocate da un rapporto vivo con la Parola di Dio, le figure di Elena Čerkasova sono molto personali, profondamente sentite, rivissute nel proprio cuore. Nei suoi quadri non vi sono soluzioni banali: siamo sempre in presenza di immagini rivelative, di legami che si intrecciano. Gli accostamenti cromatici a volte sono inattesi, la maniera pittorica è immediata, la pittrice non si preoccupa della forma esteriore ma del significato interiore, e per questo le composizioni nascono armoniose, perfette e realmente splendide. Parrebbe che lavori secondo un unico procedimento, che presenta figure immote, gesti espressivi, teste prominenti e grandi occhi. Non si tratta però di uno stereotipo, bensì di una scelta iconografica: la ripetitività del procedimento è volta a concentrare la nostra attenzione sul significato, così come negli antichi inni sacri la ripetizione del disegno melodico contribuiva a una percezione meditativa della parola. Ed è proprio la Parola – il Verbo divino inteso sia come testo che come Parola incarnata, Cristo – a costituire il senso delle meditazioni pittoriche della Čerkasova. La parola è presente anche visivamente nei suoi dipinti. Le scritte profilano i bordi, si sovrappongono alla raffigurazione, talvolta le lettere sono sparse come semi su tutta la superficie del quadro. In molte opere vediamo intere frasi: motivi, riflessioni, chiarimenti. Spesso le parole si intrecciano al tessuto della raffigurazione e ne diventano esse stesse la trama. È un tentativo di mostrare che parola e immagine hanno un’unica fonte, rifluiscono l’una nell’altra. La parola viene seminata e cresce, acquistando i contorni del paradiso terrestre.

Una certa ingenuità e infantilità del suo stile è dettata dal desiderio di rifuggire toni patetici e edificanti nel trattare i temi eterni, rivelando le profondità del significato. In questo si scorge la sua umiltà davanti all’abisso della Sapienza divina, di fronte a cui tutte le sottigliezze umana non sono che un balbettio infantile. Ma è anche il balbettio di chi ha sperimentato la gioia di essere accolto da Dio come figlio, ovvero la glossolalia, cioè il parlare nel linguaggio paradisiaco dei «gemiti inesprimibili».
La dimensione dell’infanzia è anche la condizione che la Bibbia pone al nostro ingresso in paradiso: «Se non sarete come bambini, non entrerete nel Regno dei cieli». Noi dimentichiamo troppo spesso di essere figli di Dio. Elena Čerkasova ce lo ricorda. Solo chi è figlio di Dio può vedere così la creazione del mondo: Dio riposa in paradiso, dorme un sonno beato dopo le fatiche della creazione del mondo, mentre Adamo ed Eva giocano come bambini lì accanto, e intorno, anch’essi simili a bambini, volano e si trastullano gli angeli («La creazione dell’uomo»). «Il ritorno di Adamo ed Eva in paradiso» è un quadro semplicemente profetico. Adamo ed Eva non più bambini, ma ormai canuti, sono in piedi sotto l’albero della vita, e nelle loro stanche figure si percepisce la beatitudine del concludersi della vita, la sommessa gioia del ritornare a casa. La dimensione paradisiaca è diffusa anche in opere che non sembrerebbero direttamente legate al tema del paradiso. Ad esempio, «Lo sposalizio di Rebecca» è dipinto con un’esultanza tutta infantile, con colori squillanti, perchè si parla d’amore. E le teste dei cammelli che si protendono verso la sorgente riecheggiano il palpitare del cuore di Rebecca che si stringe al petto un’anfora, quasi il materializzarsi del presentimento d’amore che trabocca in lei.
Ed ecco Cristo e Noè, seduti l’uno accanto all’altro come buoni amici, abbracciati entro la cornice dell’arcobaleno («L’alleanza dell’arcobaleno»), mentre tutt’intorno vagano animali di inedita bellezza. Non è forse un’immagine del paradiso? Dio dichiara ancora una volta il proprio amore all’uomo, si pente di aver mandato il diluvio universale e gli promette un’alleanza eterna di salvezza.
Perfino Giona nel ventre della balena, dopo aver attraversato il dramma della disobbedienza, vive una sorta di dimensione paradisiaca: infatti il mostro che l’ha inghiottito ci ricorda, con la sua bellezza, che Dio ha creato con amore questo mondo e non vuole la morte del peccatore, ma si sforza di condurre l’uomo alla salvezza, con ogni mezzo e attraverso ogni via.
«Le nozze di Cana» sono rappresentate come un archetipo dell’Eucarestia e nel contempo riecheggiano il Cantico dei cantici: il ritmo binario delle figure – sullo sfondo gli sposi, e in primo piano Cristo e la Madre di Dio – ricorda il banchetto nuziale che Dio ha preparato per gli uomini. Il Signore può trasformare l’acqua in vino, come fece Gesù a Cana, e rendere la festa della vita più gioiosa e felice. Ma non a caso i gesti di Cristo e della Vergine indicano l’agnello che c’è in tavola: il vino si trasforma in Sangue, il pane nel Corpo di Cristo, e l’Agnello si offre in sacrificio affinché lo Sposo e la Sposa possano ritrovarsi l’un l’altra. Questo soggetto, a prima vista semplice, si ripete più volte nell’opera di Elena Čerkasova, che ne approfondisce continuamente il senso e la comprensione.

Cristo che placa la tempesta.

Spesso il medesimo soggetto viene ripetuto sia nelle opere di grafica che in quelle di pittura. Ma ogni volta secondo nuovi accenti. Si veda, ad esempio, «Cristo che placa la tempesta». Nella grafica l’artista rappresenta tre volte la figura di Cristo (simbolo della Trinità), china sul bordo della barchetta, un vero e proprio guscio di noce sballottato dai flutti. E in questa figura china c’è una tale commovente sollecitudine che si comincia a comprendere meglio le parole di conforto del Salvatore: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Nel dipinto vediamo invece un’interpretazione differente: Cristo è seduto nella barca insieme agli apostoli e, come narra il Vangelo, si è addormentato a poppa durante la tempesta. Ma non è sonno, nella raffigurazione della Čerkasova: Cristo ha gli occhi chiusi e si afferra la testa con le mani, in un gesto che ha un non so che di disperato: «Fino a quando?!». Così, le sue parole «Perché avete paura? Non avete ancora fede?», assumono qui un diverso accento. D’altro canto, anche gli occhi dilatati dal terrore degli apostoli sono eloquenti: senza Cristo sanno di non avere scampo.
Mi sembra che alla pittura di Elena Čerkasova si possa applicare una definizione usata da una scrittrice per i propri libri: «un’arte per non cadere in depressione». Le sue opere sono una medicina per l’anima, una scuola di gioia pasquale, di autentico lieto annuncio. Spesso alle mostre c’è chi chiede: «Ma l’artista qui che cosa intendeva dire?». Ebbene, Elena Čerkasova con la sua arte vuol dire allo spettatore: non aver paura, basta che tu creda! Viva Dio, e viva l’anima tua!

Giovanna Parravicini
www.lanuovaeuropa.org

 

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