Alla «Biblioteca dello spirito» di Mosca la mostra dell’artista Evgenjia Kolesnikova, morta l’anno scorso a 34 anni, racconta la testimonianza di una vita offerta alla bellezza.
Alla «Biblioteca dello spirito» di Mosca il 30 settembre è stata inaugurata la mostra di grafica della pittrice e iconografa Evgenija Kolesnikova, scomparsa l’anno scorso a 34 anni. Una vita intensamente vissuta, anche sotto il profilo artistico, in cui ha sperimentato numerosi generi fino a ottenerne una straordinaria padronanza, accostando la realtà in tutta la sua ampiezza. Lo testimoniano le opere in mostra, dipinte dal vero, oppure a memoria, oppure, ancora, lavorando di fantasia.
Il suo lavoro artistico rivela una grandissima attenzione alla scelta dei materiali, perché la cera, la pietra, il marmo, il legno, reagiscono e si combinano in modo diverso col colore. E ciò che più di tutto Evgenjia desiderava era che nella sua opera prendesse forma qualcosa di vivo: «Non prendo un certo materiale e dico: “Ecco, ora ci disegno questo soggetto”. Credo sia più interessante provare ad ascoltare che cosa il materiale ti chiede, perché è così che può accadere qualcosa di vivo».
Che le cose potessero passarle attraverso le mani, uscire dalle sue mani come una cosa viva, era qualcosa da cui Evgenija era colpita profondamente: «A volte succede, ti accorgi che qualcosa esce dalle tue mani all’improvviso, non semplicemente perché stai seguendo una tecnica o hai una qualche abilità, e quando succede sembra semplicemente un miracolo. […] Una volta delle persone mi hanno chiesto un’icona, non so perché ma si vedeva che per loro era importante. Quando gliel’ho consegnata, si sono commossi: aveva il volto di una loro figlia che era morta. Io non ne avevo idea, eppure è vero, come le somigliava…
Ma allora, Chi ha dipinto sull’icona attraverso le mie mani?».
La sua intervista, pochi mesi prima di morire, piena di gioia, di progetti e di consapevolezza, del desiderio di capire la comunione dei santi, di viverla non con la testa, ma con tutta se stessa: «Si fa spazio una questione molto importante legata al fatto che attorno a me sono comparse moltissime persone, e non sono semplicemente comparse, questa quantità enorme di persone mi ha aiutato e continua ad aiutarmi. Anche prima di ammalarmi mi interrogavo sul significato della comunione, della sobornost’: è un tema che faccio fatica a capire fino in fondo, assieme a ciò che nel cristianesimo significa la parola ecclesia. Ecco io vorrei provare a capirlo di più, a farlo crescere in me. E ora attraverso i ritratti che faccio, vorrei provare a sentire con tutta me stessa ogni singola persona, ad approfondire l’unicità di ciascuno».
Un altro aspetto importante della sua creatività – rappresentato in mostra da due icone – è il bisogno di radicarsi nella tradizione iconografica bizantina e russa, mentre le opere di grafica denotano l’esigenza di trovare un linguaggio contemporaneo. «Hai un qualche progetto artistico per il breve termine? – le chiedono – «Mi piacerebbe lavorare col suono, perché il suono attraversa la persona senza ostacoli».
Molte opere esposte appartengono all’ultimo periodo di vita di Evgenija, quando nella sua pittura non poteva non rispecchiarsi la grave malattia che l’aveva colpita. Ad esempio, tra i soggetti da lei prescelti vi sono figure di grandi medici dall’antichità a oggi, come se l’artista volesse attingere vita e salute ai loro farmaci; oppure, una serie di bozzetti di alberi di straordinaria energia vitale, che sembrano crescere sotto i nostri occhi; infine, dei penetranti autoritratti che colpiscono per la loro ricchezza espressiva. «L’uomo si abitua a tutto – confida parlando della scoperta della malattia. – Un anno fa [la malattia] è stata una cosa del tutto inaspettata, mi pareva non ci fossero particolari segnali. E poi passi attraverso un cammino, maturi una certa esperienza. Però voglio dire che tutto ciò in qualche modo mi ha semplificato la vita, sotto tanti aspetti. Ha fatto cadere molti schemi. Ad esempio, ho cominciato a percepire forte il significato dell’arte, dei miei progetti, aldilà della loro apparente “inutilità”».
Siamo ormai alla terza mostra organizzata dopo la morte della giovane iconografa: si è scelto di esporre prevalentemente sue ricerche grafiche, esperimenti, che costituiscono una parte importante della sua poliedrica creatività, accanto a studi e riproduzioni di icone e affreschi, miniature, mosaici e altro ancora. A questo si aggiunge la sua appassionata attività di insegnante di pittura sacra, che in questi anni ha coinvolto molti nell’universo della cultura artistica cristiana.