L’iconografa russa Olga Šalamova ha tenuto un seminario artistico dal titolo Essere iconografi nel XXI secolo. Un’esperienza di creatività nel solco della tradizione dedicato in particolare alla relazione fra tradizione e contemporaneità nella pittura di icone. Le lezioni, che si sono svolte a Seriate presso la nostra scuola dal 14 al 17 settembre, hanno proposto esercitazioni pratiche sul disegno dei volti, delle masse, delle ombre, e approfondimenti più teorici sul processo artistico alla base del lavoro iconografico.
Olga Šalamova lavora insieme al marito Filipp Davydov da oltre vent’anni nel campo della pittura di icone, e fa parte di una nuova generazione di iconografi che si è rivelata più creativa e libera: pur assimilando la tecnica tradizionale dell’icona, seguendo il canone, facendo riferimento agli antichi modelli, ha rapidamente compreso che il lavoro di copia, essenziale durante l’apprendimento, diventa un freno nella realizzazione dell’icona, che pur basandosi sulla tradizione secolare, deve esprimere la fede di oggi, trovare un proprio linguaggio.
Durante il seminario Olga Šalamova ha parlato del suo personale cammino artistico ed esistenziale, del suo metodo di lavoro, delle sue ricerche, dei risultati e delle prospettive future.
Gli allievi sono stati invitati a lavorare sullo schema artistico che sta alla base della costruzione della figura umana e a riflettere in prima persona sulle fasi del lavoro iconografico e della creazione artistica: «mi colpisce un modello antico – spiega Šalamova – e allora inizio a studiarlo, approfondirlo, riprodurlo prima in un formato piccolo e poi in uno più grande; occorre riflettere sull’accento che voglio dare all’immagine, a ciò che voglio esprimere tramite i colori, le luci, i legami fra i vari elementi, a dove voglio guidare lo sguardo dello spettatore, senza avere paura di sperimentare».
Se spesso pensiamo che nel lavoro iconografico non ci sia spazio per la creatività e la libertà, al contrario, Olga Šalamova invita a scoprire il valore dell’icona da un punto di vista artistico, e a sperimentare soluzioni originali, ma sempre frutto di un lavoro di approfondimento e ricerca personale capace di conciliare tradizione e novità, e di dare ragione della scelta di una soluzione piuttosto che di un’altra.
Infatti, secondo Šalamova, questa attenzione all’io non è segno di poca modestia, ma della responsabilità a cui l’artista è chiamato quando lavora. In altre parole, occorre sempre prendere coscienza della testimonianza che la propria espressione artistica può essere.
«Per me essere iconografa nel XXI secolo – spiega Šalamova – significa capire che oggi io sono importante nel processo creativo, che conservare la tradizione non è semplicemente prendere un modello e copiarlo, ma capire dal di dentro della mia esperienza quale espressività voglio dare alla mia immagine. L’iconografo è un uomo o una donna di fede che si deve continuamente porre la domanda: ma chi è Cristo per me? Certo, c’è il Cristo di Rublev, il Cristo del Sinai, ma com’è Cristo oggi per me? Io questa domanda la tengo sempre viva quando lavoro. Essere iconografi nel XXI secolo significa porsi questa domanda oggi».